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Archive for settembre 2012

La scarpa giusta

Leggo tutti i giorni con molta attenzione, non tanto le notizie sempre uguali di questo universo parallelo nel quale siamo stati catapultati, ma i commenti della “gente”, quella massa idiota con due G. Qualche giorno fa la Polverini rischiava di essere messa al rogo, ieri invece, già i toni si erano ammorbiditi, gli animi erano rasserenati dal “gesto di responsabilità” che almeno “la rendeva diversa dalla maggioranza dei ladri”; poi ho letto anche che “probabilmente era da scusare visto che – sempre probabilmente – davvero non sapeva”.

Mettiamo sia andata così: l’arrogante fascista, quella degli elicotteri, del reparto ospedaliero requisito per il rispetto della privacy dei degenti che non sono stati ricoverati, degli abusi e dei privilegi, figlia di un sindacato inesistente che a suon di tessere fasulle riuscì – sotto egida berlusconista – a sedersi ai tavoli col governo, mentre i pochi sindacati seri venivano estromessi dalle trattative, va a fare un giro conoscitivo dai padroni del vapore. Questi le dicono di fare attenzione, perché magari non succederà nulla, ma di fronte a tanta merda persino l’italiano potrebbe smettere la partecipazione con un click di mouse, e scendere in piazza con l’intento di scannarli. Il governo tecnico fa notare alla burina fascista che dal momento che girano certe foto raccapriccianti – non solo le sue pagate con 75.000 euro di parcella al fotografo – che mostrano troie e maiali in lussuose porcilaie, queste potrebbero essere lesive per l’operato del governo stesso. Nel frattempo, l’opposizione ricorda i primi rudimenti della politica e fa quel che avrebbe dovuto fare anni addietro in Parlamento: si dimette in massa. La burina fascista per quanto idiota, comprende che in un modo o in un altro deve lasciare la sedia, il fotografo personale, l’elicottero e tutto il resto, e se ne va.

Dov’è il senso di responsabilità? Dove la non colpevolezza? Dove il senso della politica?

L’hanno cacciata a calci nel culo, ma le scarpe erano sbagliate. Non erano quelle dei cittadini del Lazio che vivono sui tetti da tempo immemorabile in attesa che torni il lavoro. Non erano quelle delle madri dei bimbi che non hanno accesso agli asili. Non erano le scarpe dei parenti dei malati che hanno vissuto scandalo dopo scandalo i tagli e le ruberie degli ospedali romani. Nemmeno quelle di chi ha subito un abuso da parte del governo fascista voluto fortemente perché era intollerabile avere come governatore una persona sostanzialmente onesta, ma dedita a differenti divertissement sessuali, che per quanto si voglia tirare al Vaticano, continuano a offendere anche il più bolscevico dei cittadini italiani.

Leggere i commenti a questa notizia, comunque, è la cosa più sconfortante. Lascia sospettare che veramente in pochi si sia rimasti interdetti davanti alla promessa di Batman che si ricandiderà, e soprattutto dà la certezza che ora la televisione contribuirà alla necessaria operazione di restyling della Polverini stessa. Lavaggio, cera e grafitaggio e via, pronta per le prossime imminenti elezioni. Così pulita e brillante che sembrerà nuova e pronta per un altro mandato. E non certo di cattura.

Rita Pani (APOLIDE)

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Processo per sequestro e omicidio attivista in tribunale militare controllato da Hamas

GAZA – Sono stati condannati oggi all’ergastolo due degli imputati, entrambi militanti salafiti, accusati d’aver ucciso nell’aprile 2011 l’attivista italiano Vittorio Arrigoni nella Striscia di Gaza, l’enclave palestinese controllata dagli islamici di Hamas. Il processo si è svolto dinanzi a un tribunale militare controllato da Hamas.I giudici hanno inflitto il carcere a vita – al termine di un processo segnato da scarsa trasparenza secondo gruppi di tutela dei diritti umani – a due dei presunti esecutori materiali (altri due erano stati uccisi all’epoca dei fatti, durante un tentativo di cattura): Mahmud al-Salfiti e Tamer al-Hassasna, poco più che ventenni. A 10 anni è stato Khader Jiram, vicino di casa di Arrigoni, accusato di aver fornito informazioni decisive ai killer, e un anno Amer Abu Hula, che aveva messo a disposizione casa sua al commando. Arrigoni era stato rapito la sera del 14 aprile 2011 e mostrato ferito in un filmato in cui lo si additava come nemico dei costumi islamici e si chiedeva a Hamas la liberazione di un capo salafita iper-integralista arrestato nella Striscia nei mesi precedenti. Prima della scadenza dell’ultimatum, l’attivista italiano – trasferitosi da tempo a Gaza dopo aver partecipato a numerose iniziative in favore della causa palestinese – era stato tuttavia assassinato e il giorno dopo la polizia di Hamas ne aveva trovato il corpo senza vita nell’appartamento in cui era stato portato. Secondo un perizia, sarebbe stato strangolato con filo di ferro.

Sono sfuggiti alla pena capitale anche per l’opposizione di principio manifestata dalla famiglia di Vittorio Arrigoni, i due presunti esecutori materiali condannati oggi a Gaza all’ergastolo per l’uccisione dell’attivista italiano nel 2011. Lo precisano fonti locali bene informate, secondo le quali, oltre al carcere, i condannati dovranno scontare un periodo di lavori forzati. Le fonti osservano che in effetti – codice di Hamas alla mano – la Corte militare di Gaza avrebbe potuto comminare la pena di morte ai due imputati principali, ma si sarebbe astenuta dal farlo tenendo conto dell’opposizione che la famiglia della vittima aveva espresso fin dall’inizio del processo in omaggio alle convinzioni dello stesso Vittorio (Vic per i compagni). Secondo la tradizione islamica, i congiunti possono avere voce in capitolo sulla sorte degli assassini d’un parente. Positivi – dopo le critiche rivolte alla procedura e all’iter delle indagini – appaiono intanto i primi commenti sulla sentenza delle organizzazioni locali per i diritti civili, che hanno seguito da vicino le varie udienze per mesi.

fonte: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2012/09/17/Arrigoni-Gaza-ergastolo-due-militanti-salafiti_7486403.html

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Nel meglio o nel peggio

“In questa società comanda soprattutto chi ha la possibilità di convincere. Convincere a fare le cose: acquistare un’auto invece di un’altra, un vestito, un cibo, un profumo, fumare o non fumare, votare per un partito, comperare e leggere quei libri.

Comanda soprattutto chi ha la capacità di convincere le persone ad avere quei tali pensieri sul mondo e quelle tali idee sulla vita. In questa società il padrone è colui il quale ha nelle mani i mass media, chi possiede o può utilizzare gli strumenti dell’informazione, la televisione, la radio, i giornali, poiché tu racconti una cosa e cinquantamila, cinquecentomila o cinque milioni di persone ti ascoltano, e alla fine tu avrai cominciato a modificare i pensieri di costoro, e così modificando i pensieri della gente, giorno dopo giorno, mese dopo mese, tu vai creando la pubblica opinione la quale rimugina, si commuove, s’incazza, si ribella, modifica se stessa e fatalmente modifica la società entro la quale vive. Nel meglio o nel peggio”.
(Giuseppe Fava)

 

Giuseppe (Pippo) Fava è nato a Palazzolo Acreide (Sicilia) il 15 settembre 1925. E’ stato ucciso la sera del 5 gennaio 1985 a Catania, con cinque pallottole alla nuca. La sua è la storia di un intellettuale, uno scrittore e un giornalista impegnato nella lotta contro la mafia dell’isola. Laureato in giurisprudenza, Fava si dedica al giornalismo. Professinista dal 1952, caporedattore del quotidiano catanese Espresso Sera. E’ stato inviato speciale del settimanale milanese Tempo Illustrato, ha collaborato con diverse testate nazionali italiane. E’ stato pittore, scrittore, drammaturgo, sceneggiatore, saggista, giornalista. Tra i suoi romanzi: Gente di rispetto (1975, Bompiani), Prima che vi uccidano (1977, Bompiani), Passione di Michele (1980, Cappelli editore) da cui è stato tratto il film “Palermo ober Wolfsburg”. Tra le sue opere teatrali: Cronaca di un uomo, La violenza, Il proboviro, Opera buffa, Bello bellissimo, Foemina ridens, Ultima violenza (che fu rappresentato al teatro Verga di Catania, nel novembre 1983, poco più di un mese prima della morte).

Nel 1980 gli viene affidata la direzione del Giornale del Sud. Lo fa diventare un giornale irriverente, coraggioso. Viene licenziato dagli editori. Nel 1982 fonda I Siciliani, che diventano un caso politico nazionale: la Sicilia come metafora, le collusioni tra Stato e mafia, la trappola nucleare di Comiso, i nomi e cognomi dei nuovi padroni dell’isola.

Le sue inchieste giornalistiche sono raccolte nei volumi: Processo alla Sicilia (1970), I Siciliani (1978), Un anno (edito nel 2003 dalla Fondazione Giuseppe Fava)

 

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